UN CORDOLO DI APPOGGIO PER LE PARETI IN LEGNO
LA MAGGIOR PARTE DEI COSTRUTTORI DI CASE PREFABBRICATE RICHIEDE CHE LE PARETI IN LEGNO DELL’EDIFICIO VENGANO SOLLEVATE DALLA QUOTA DEL TERRENO, AL FINE DI EVITARE CHE L’UMIDITA’ RISALGA LE STRUTTURE PER CAPILLARITA’
Le volevo chiedere un chiarimento in merito ad un dettaglio che mi sembra che cambi parecchio tra le varie ditte di case prefabbricate, almeno tra quelle che abbiamo contattato noi.
Alcuni ci dicono che per evitare problemi di umidità le pareti devono appoggiare sopra un muretto in cemento, un’altra monta sul solaio delle travi in legno di larice, mentre un costruttore addirittura li prevede entrambi.
Un’ultima azienda, che è quella che ci piace di più, non mette nulla ma fa realizzare all’impresa un semplice massettino in cemento. Il fatto che non richiedano il cordolo ci fa venire qualche dubbio, anche se è la ditta più importante tra quelle che abbiamo scelto.
Vista la sue esperienza le chiedo il perchè di queste differenze e un parere tecnico. Grazie.
Ringrazio il lettore per la domanda, in quanto mi sono reso conto solo ora di non avere ancora approfondito questo importante argomento, nonostante la mole di materiale pubblicata sul portale in questi anni.
L’attacco al suolo delle case in legno è infatti un tema assai delicato, in quanto deve sempre essere evitato il contatto diretto delle strutture e degli isolamenti con eventuali fonti di umidità. Le pareti del piano terra vengono sempre montate al di sopra di una soletta in cemento armato che può essere costituita da una platea di fondazione o dal solaio di un interrato.
La posa del legno a diretto contatto delle strutture in cemento rappresenta comunque un errore esecutivo, dato che dovrebbe sempre essere prevista una guaina impermeabilizzante che garantisca un distacco efficace tra i due materiali. La presenza della sola guaina risulta però insufficiente, per cui molte ditte incorporano nella parte bassa delle proprie pareti una trave di banchina in larice. Questa essenza legnosa risulta particolarmente resistente all’umidità e garantisce che non avvengano fenomeni di risalita per capillarità lungo la parete e gli isolamenti. Questo ovviamente in condizioni “normali”. In caso di allagamento la sola banchina in larice non è in grado di proteggere dall’umidità e può a sua volta danneggiarsi (si tratta pur sempre di legno).
Una buona soluzione è la realizzazione di semplici cordoli di appoggio in calcestruzzo, moderatamente armati; queste strutture, al contrario, non temono il contatto con l’acqua e garantiscono un rialzo sicuro della porzione in legno dell’edificio. Personalmente ritengo che si tratti di un dettaglio esecutivo semplice ed efficace, tanto per le pareti a telaio, quanto in xlam.
Il doppio cordolo (calcestruzzo + larice) è un’accortezza che può essere di impatto commerciale, ma non è strettamente necessaria per la salute dell’edificio.
In ogni caso sarebbe opportuno che la quota interna finita del pavimento al piano terra risultasse più alta rispetto a marciapiedi e camminamenti esterni, che le pendenze venissero sempre portate verso il giardino e mai contro l’edificio. In taluni casi ho previsto canali di drenaggio o posato pavimenti galleggianti per permettere un deflusso veloce delle acque meteoriche.
Anche la porzione terminale del cappotto (quella più a contatto con il suolo, per un tratto variabile tra 50 e 100 cm) dovrebbe essere realizzata con pannelli impermeabili, sostituendo con polistirene o stiferite la lana di roccia o la fibra di legno.
Per questi motivi, bisogna sempre diffidare dai costruttori che sottovalutano il problema dell’attacco al suolo dell’edificio, senza fornire adeguati dettagli esecutivi in merito o, addirittura, assecondando il cliente a fare quello che gli pare (per fortuna, casi sempre più rari, anche nel nostro paese).
Buongiorno architetto, le chiedo un parere sulla corretta esecuzione dell’attacco al suolo della mia abitazione a telaio.
E’ stata eseguita una platea con igloo e per una parte una cantina, ed è stato fatto un cordolo di 5cm (rispetto alla quota grezza del marciapiede) rivestito con guaina in polistirene armata su sui sono state posate le pareti.
Sotto al cappotto (i cui primi 30 cm sono in polistirene) scende una guaina che risvolta sul marciapiede grezzo.
Per portare il marciapiede grezzo a quota finita (4cm più bassa del pavimento interno) è stato fatto un primo strato in cemento cellulare (circa 12cm) e poi un sottofondo sabbia cemento (circa 4cm) su cui sono state incollate le piastrelle.
Il terreno è in zona poco umida (nello scavo della cantina anche a -4mt non è mai stata trovata acqua).
Secondo lei c’è rischio che il dormiente in larice a lungo andare possa soffrire di umidità con rischio di marcire?
Grazie
Salve Architetto, ha dato un’occhiata al sistema RADICSOL per la trave radice?