Architetto Paolo Crivellaro
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Paolo Crivellaro
ESPERTO IN BIOEDILIZIA
EDIFICI IN LEGNO E RISCALDAMENTO A PAVIMENTO

EDIFICI IN LEGNO E RISCALDAMENTO A PAVIMENTO

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VORREI AFFRONTARE UNA VOLTA PER TUTTI LO SPINOSO ARGOMENTO DELLA COMPATIBILITA’ TRA I SISTEMI DI RISCALDAMENTO RADIANTE A PAVIMENTO E GLI INCOLUCRI MOLTO ISOLATI COME LE CASE PREFABBRICATE

Buon giorno, io e mio marito saremmo interessati a costruire una casa in legno. Abbiamo visto molti siti a riguardo, ma nessuno sul proprio sito parla chiaramente della tecnologia di riscaldamento e raffrescamento che viene utilizzata in queste case.
Nello specifico di casa nostra, noi faremmo una casa di 180 m2 circa su 2 piani, piano terra e piano primo notte che è in un sottotetto, infatti abbiamo il vincolo di costruzione che è quello di non superare i 4,5 m di altezza alla gronda. Detto questo, ne abbiamo sentite di tutti i colori da parte di chi qui in zona si è improvvisato costruttore di case in legno, senza però avere esperienza.
Volevo capire che cosa sia meglio utilizzare come riscaldamento in una villetta come la nostra. noi saremmo orientati sulla termoventilazione ma molti ci parlano ancora di riscaldamneto a pavimento con quindi pompa di calore aria-acqua piuttosto che pompa di calore aria-aria della termoventiliazione. Quali sono i vantaggi dell’uno o dell’altro?
Non è sprecato il riscaldamento a pavimento in una casa in legno? Non mi sembra così necessario se è vero che queste case si scaldano con pochissimo.


Il riscaldamento degli involucri edilizi molto isolati, tra cui rientrano a pieno titolo le case in legno a basso consumo, richiedono pochissima energia termica. Quest’energia dovrebbe innanzitutto derivare per la maggior parte da fonti energetiche rinnovabili, come peraltro previsto chiaramente dal Dlgs 28/2011.
Per chi non
ne fosse al corrente, il cosiddetto decreto Milleproroghe ha prorogato al 1 gennaio 2018 l’innalzamento dal 35% al 50% dell’obbligo di utilizzo di fonti rinnovabili per le nuove costruzioni in merito al fabbisogno energetico legato al riscaldamento invernale ed al raffrescamento estivo.

In ogni caso è sempre più difficile basare l’impiantistica termica dei nuovi edifici sulle tradizionali caldaie a gas metano, oramai sostituite dalle moderne pompe di calore. Questi impianti trasformano l’energia elettrica in calore in modo assai efficiente e vanno sempre abbinati a pannelli solari fotovoltaici, da dimensionare caso per caso in base ad un semplice calcolo relativo all’effettivo fabbisogno.
I costi dei pannelli fotovoltaici si è assestato intorno ai 2.000 €/kWh, rendendo estremamente conveniente l’investimento, nonostante si siano praticamente azzerati gli incentivi statali. In un futuro molto ravvicinato l’energia elettrica autoprodotta si potrà stoccare in appositi accumuli solari, sfruttando una tecnologia basata sulle batterie al piombo, agli ioni di litio o al nichel, i cui prezzi attuali, ancora rilevanti, sono previsti in repentina discesa nei prossimi anni.
Le pompe di calore, a differenza delle comuni caldaie, possono oltre a produrre acqua calda sanitaria, riscaldare e raffrescare (invertendo il proprio ciclo) e sfruttano generalmente due vie di diffusione dell’energia termica, l’aria (immettendo direttamente negli ambienti aria calda o fresca) o una superficie radiante (pavimento, soffitto, pareti, battiscopa).

Nel primo caso si parla di pompe di calore aria-aria, che possono sfruttare delle vere proprie unità esterne, del tutto analoghe ai classici condizionatori o una vera e propria canalizzazione passante all’interno di pareti e solai. Quest’ultima soluzione è a mio avviso più indicata per le nuove costruzioni, rendendo tale impianto praticamente invisibile, fatta eccezione per le sole bocchette). Resta sempre il problema del flusso di aria che (per quanto venga immessa a bassa velocità) resta percepibile in prossimità delle griglie, presentando inoltre un minimo di rumorosità.
Il riscaldamento a pavimento (aria-acqua) ha trovato larghissima diffusione negli ultimi anni ed è tutt’ora consigliabile nella maggior parte dei casi per la sua capacità di fornire una sensazione diffusa di calore, molto naturale. Qualche problema è però avvertibile nei mesi estivi, in quanto, pur essendo possibile il ciclo inverso di raffrescamento, è possibile la formazione di condensa sul pavimento, che impone di abbassare la percentuale di acqua nell’aria mediante un apposito impianto di deumidificazione. Un altro limite è legato all’inerzia dell’impianto che richiede un certo lasso tempo per entrare a regime o spegnersi del tutto (sino a 2 ore).
Entrambe le soluzioni presentano perciò vantaggi e limiti che devono essere soppesati in base alle effettive necessità.

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